COVID-19 e animali, cosa sappiamo

Il Coronavirus SARS CoV2 è oramai molto conosciuto e sta portando grandi cambiamenti nelle nostre vite. In questo articolo Francesco Tolari riflette sulla storia del virus e sugli effetti sugli animali. Ci siamo preoccupati che gli animali fossero fonte di contagio, ma quanti si sono domandati se gli umani sono fonte di contagio per gli animali?

L’origine del virus

di Francesco Tolari [1]

E’ ormai certo che il coronavirus SARS CoV2 responsabile di COVID 19 è arrivato all’uomo dai pipistrelli. Gli studi sulle caratteristiche genetiche evidenziano le strette somiglianze di questo virus con altri coronavirus identificati nei pipistrelli ed hanno permesso di identificare anche le mutazioni che hanno consentito al virus di infettare con più facilità le cellule dell’uomo. Diversi lavori hanno dimostrato che i pipistrelli sono portatori di una grande varietà di coronavirus  e, come è noto, alcuni di essi sono già passati all’uomo: il virus SARS CoV attraverso lo zibetto e il virus  MERS CoV attraverso il dromedario. Non era quindi del tutto inaspettato che prima o poi un altro coronavirus potesse fare il salto di specie pipistrello–uomo dando origine ad una nuova zoonosi. Peraltro sappiamo da tempo che altri virus possono essere trasmessi dai pipistrelli all’uomo e ad altri mammiferi: il virus della rabbia, trasmesso  da pipistrelli ematofagi (succhiatori di sangue) in Sud America, ma anche da pipistrelli insettivori in altre parti del mondo;  il virus Hendra arrivato all’uomo da pipistrelli frugivori attraverso il cavallo;  il virus Nipah arrivato all’uomo attraverso il suino;  il virus  Ebola che ha avuto come animale intermedio la scimmia.

Perché i pipistrelli?

Ma perché proprio i pipistrelli sono una sorgente così importante di nuovi virus per l’uomo e per gli altri mammiferi?

I pipistrelli, animali appartenenti all’ordine dei Chiroptera e suddivisi in circa 1400 specie diverse, sono presenti in tutto il mondo ad eccezione dell’Antartide e sono mammiferi “antichi” che hanno avuto un notevole successo in natura. Si sono evoluti circa 50 milioni di anni fa e hanno poi subito pochi cambiamenti occupando habitat e nicchie ecologiche molto diversificate.  Sebbene questi animali siano apparentemente molto diversi da noi, possiedono recettori cellulari (i siti di attacco utilizzati dai virus per infettare le cellule) abbastanza simili a quelli degli altri mammiferi. Per questo motivo diversi virus presenti nei pipistrelli hanno un’ottima capacità di “imparare” a infettare altri mammiferi, uomo compreso.

 

Il motivo per cui i pipistrelli possono risultare serbatoi di un gran numero di virus dipende dalla particolarità del loro sistema immunitario che permette loro di convivere bene con diversi virus e subire infezioni asintomatiche e persistenti.

Inoltre i pipistrelli sono longevi, volano, migrano, vivono in comunità popolose: tutti fattori che, in diverso modo, rendono particolarmente facile non solo conservare, ma anche trasmettere virus fra loro e ad altri mammiferi che vengano a contatto con loro.

Non possiamo certo criminalizzare questi animali se ci possono trasmettere qualche virus, ma piuttosto dovremmo riflettere su come noi stiamo aggredendo attraverso la deforestazione i territori che loro popolano da millenni.   Se è vero che i pipistrelli sono degli importanti serbatoi di virus è altrettanto vero che questi animali, che rappresentano circa un quinto di tutti i mammiferi presenti sul nostro pianeta, svolgono una funzione molto importante nell’equilibrio ecologico. I pipistrelli insettivori sono i principali predatori di insetti notturni, i pipistrelli frugivori contribuiscono all’impollinazione di molte specie vegetali ed alla dispersione dei semi e per questo, giustamente, la maggior parte delle specie di pipistrelli sono protette da leggi internazionali che ne vietano l’uccisione ed il disturbo.

L’adattamento del virus all’uomo

In qualsiasi modo il SARS CoV2 sia arrivato dal pipistrello all’uomo, sia per contagio diretto che attraverso il passaggio in un altro mammifero selvatico, il suo adattamento alla nostra specie è risultato ottimale. Non poteva trovare una specie migliore per assolvere le sue funzioni vitali di replicarsi diffondersi e mantenersi in natura.

L’uomo è una specie particolarmente diffusa in tutte le parti del mondo ed in continua espansione, viviamo in agglomerati urbani popolosi, non perdiamo occasione per riunirci in grandi assembramenti per svariati motivi, abbiamo l’abitudine di spostarsi e di viaggiare molto volando da un luogo all’altro del pianeta in tempi rapidissimi.

Quindi in questa prima fase della pandemia in cui la popolazione umana risulta completamente indifesa verso il SARS CoV 2 questo virus non ha alcun vantaggio a cercarsi nuove specie animali per propagarsi, nessun’altra al di fuori dell’uomo potrebbe dargli tante opportunità di diffondersi e di persistere.

E’ giusto pertanto concentrarsi sulla trasmissione da uomo a uomo, ma non dobbiamo ignorare totalmente la possibilità che il virus in futuro possa adattarsi anche ad altre specie di mammiferi.

La trasmissione ad altri mammiferi

Nella letteratura scientifica esistono già diverse segnalazioni del passaggio di SARS CoV2 da persone infette ai propri animali da compagnia. La prima segnalazione si è avuta ad Hong Kong dove due cani sono risultati positivi al tampone senza manifestare sintomi di malattia. Ma le segnalazioni più frequenti ed interessanti hanno riguardato i gatti e provengono da USA, Francia, Germania, Spagna, Russia, Olanda con una casistica mondiale di una quindicina di infezioni, in alcuni  casi anche sintomatiche.

A conferma della sensibilità dei felini è da segnalare il caso  di una tigre malese dello zoo del Bronx di New York con sintomi respiratori, risultata positiva al tampone dopo essere stata infettata da un guardiano dello zoo.

Ricerche sperimentali hanno dimostrato che cani e maiali, sono piuttosto resistenti all’infezione, mentre gatti e furetti sono molto più sensibili, in alcuni casi hanno manifestato segni clinici e sono stati in grado di trasmettere l’infezione per via aerea ad altri soggetti sani che convivevano con loro.

Oltre al furetto anche altri mustelidi possono essere suscettibili all’infezione, in Olanda il virus si è diffuso in dieci allevamenti di visoni ed il contagio è avvenuto attraverso persone positive a COVID 19. In un paio di casi le Autorità sanitarie olandesi hanno avuto fondati sospetti che visoni infetti potessero avere ritrasmesso l’infezione all’uomo e per questo hanno ordinato l’abbattimento e la distruzione di tutti i visoni presenti negli allevamenti infetti.

In conclusione felini e mustelidi sembrano gli animali più sensibili all’infezione da  SARS CoV2, ma il significato epidemiologico di queste osservazioni (ruolo di questi animali nella propagazione del virus, possibilità che possano rappresentare una sorgente di infezione per l’uomo) rimane ancora da chiarire.

L’epidemiologia del virus può cambiare

Dobbiamo considerare che i coronavirus sono soggetti a continue modificazioni genetiche che con il passare del tempo possono cambiare la loro virulenza, ma anche la loro epidemiologia. Pertanto, una volta superata l’emergenza sanitaria, sarà importante approfondire le ricerche anche nei confronti di specie animali a stretto contatto con l’uomo, per verificare se queste possono essere divenute nel frattempo serbatoi del virus.

Anche se le segnalazioni di infezione negli animali fino a questo momento sono poche, a titolo precauzionale l’Organizzazione Mondiale della Sanità e il nostro Ministero della salute, consigliano alle persone infette o sospette di infezione da COVID 19 di evitare contatti ravvicinati con gli animali e di demandare la loro cura ad amici o ad altri membri della famiglia.

Note[+]

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